Eccoci qua, che dire… sono profondamente onorato e sinceramente commosso per la seconda edizione del libro “IRENA SENDLER La Terza Madre del Ghetto di Varsavia” edito da Nuvole Di Ardesia.
Un lavoro svolto in modo accurato, minuzioso e professionale: sono proprio contento!
In poco più di un anno, sono andate esaurite quasi tutte le 500 copie della prima edizione con LA MONGOLFIERA EDITRICE (di Giovanni Spedicati) a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti.
Così come non posso non ringraziare la prof.ssa, nonchè scrittrice, Suzana Glavas! A lei va tutta la mia gratitudine, per aver voluto fortemente la pubblicazione dell’opera.
Un sentito grazie al caro Sergio Lambiase che mi ha onorato della sua prestigiosissima prefazione.
A breve cominceremo un nuovo cammino, che ha tra i suoi principali scopi quello di onorare Irena Sendler, i suoi collaboratori e quei non ebrei che rischiarono la loro vita e quella dei familiari per salvare degli ebrei.
Fiero, condivido la riflessione che mi è stata “donata” da Amnesty International sul lavoro da me svolto:
“Lo stigma su un gruppo di persone è un meccanismo che genera violenza, abusi e ingiustizia, e la storia dell’olocausto ne è una delle espressioni più spaventose.
Eppure, oggi, che senso ha ripercorrere ancora storie come quella di Irena Sendler? Ne ha. In parte, per ovvie ragioni: la memoria dell’orrore non dovrà mai essere cancellata. In parte, ci aiuta a riflettere sulle conseguenze della discriminazione: non ci importa se lo stigma sia verso l’ebreo, il musulmano, il rom, il migrante, il rifugiato, ci importa il fatto che è pericoloso, oltre che terribilmente ingiusto e raccontarlo è sempre necessario.
Ma c’è anche un altro motivo. La storia di una donna straordinaria come Irena può restituirci fiducia e speranza nell’umanità, e rappresentare un esempio: se uomini e donne hanno avuto un tale coraggio, in tempi così oscuri e brutali, dovremmo sentirci in dovere di raccogliere una parte delle loro eredità morale, e testimoniare anche noi la nostra indignazione, qui e ora. Purtroppo, non mancano occasioni per doverlo fare”.
Laura Petruccioli
Ufficio del Portavoce
Amnesty International – Sezione Italiana