Irena Sendler, figlia di un medico, nacque il 15 febbraio 1910 a Varsavia e morì a Varsavia il 12 maggio 2008.
Fu un’infermiera e assistente sociale polacca, che durante la seconda guerra mondiale, organizzò una rete di soccorso, portando in salvo più di 2500 bambini dal ghetto di Varsavia.
Fuori dal ghetto, la Sendler forniva ai bambini dei falsi documenti con nomi cristiani, e li portava nella campagna, dove li affidava a famiglie cristiane, oppure in alcuni conventi cattolici come quello delle Piccole Ancelle dell’ Im-macolata a Turkowice e Chotomow.
Annotò i veri nomi dei bambini accanto a quelli falsi e seppellì gli elenchi dentro bottiglie e vasetti di marmellata sotto un albero del giardino di una sua amica di fiducia: Jadwiga Piotrowska, nella speranza di poter un giorno riconsegnare i bambini ai loro genitori.
Nell’ottobre 1943 venne arrestata dalla Gestapo: fu sottoposta a pesanti torture (le vennero fratturate le gambe, tanto che rimase inferma a vita), ma non rivelò il proprio segreto.
Fu condannata a morte, ma venne salvata dalla rete della resistenza polacca attraverso l’organizzazione clandestina Żegota, che riuscì a corrompere con denaro i soldati tedeschi che avrebbero dovuto condurla all’esecuzione.
La storia di Irena Sendler è rimasta sepolta per 60 anni. Pur essendo stata partigiana, la Sendler non condivise mai la politica del Partito Comunista polacco.
Nel 1965 venne riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei Giusti tra le Nazioni. Solo in quell’occasione il governo comunista le diede il permesso di uscire dal paese per ricevere il riconoscimento in Israele.
Avvenne grazie alle ricerche degli studenti di una scuola superiore del Kansas nel 1999 che la storia della vita della Sendler fu riscoperta. Furono proprio loro a lanciare un progetto per fare conoscere la vita e l’operato di Irena Sendler a livello internazionale.
Nel 2003 papa Giovanni Paolo II le inviò una lettera personale elogiandola per i suoi sforzi nella resistenza polacca. Il 10 ottobre 2003 le fu conferita la più altra decorazione civile della Polonia: l’Ordine dell’Acquila Bianca e il Premio Jan Karski “Per il Coraggio e il Cuore”.
Fino all’ultimo suo respiro non ha fatto altro che ripetere: « Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria » ed anche: “Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai.”