Dopo i crimini efferati commessi il 7 ottobre scorso dai terroristi di Hamas e che hanno scosso il mondo intero, si è evocata addirittura la Shoah. Stupri, violenze, sevizie, decapitazioni, uccisioni di bambini dinanzi ai genitori, ai nonni, la caccia all’ebreo… Tutto ciò ha comportato la reazione di Israele che ha provocato una guerra incredibile con circa 25.000 civili.
La Comunità ebraica si è posta una domanda:”E’ giusto celebrare la Shoah dopo i fatti del 7 ottobre? E’ giusto celebrare i morti della Shoah e dimenticare quelli del 7 ottobre?
Ecco, la Shoah va celebrata per due motivi molto importanti: Il primo, è la verità storica. La Shoah c’è stata, è esistita. Il genocidio è stato pianificato a tavolino, con campi di sterminio, camere a gas, forni crematori… Questa verità storica è importante per evitare ogni distorsione della Shoah, come: negazionismi, banalizzazioni, ridicolizzazioni. Il secondo motivo è la Memoria. La Memoria è un forte argine all’antisemitismo, al razzismo, alla violazione dei diritti umani, oggi più che mai!
Temi come la questione Medio-Orientale, il conflitto tra Israele e Palestina, vanno studiati e approfonditi non solo negli Istituti Scolastici ma anche nelle Istituzione Politiche. Spesso siamo portati a schierarci pro uno o pro un’altra parte come se fossimo allo stadio… Questi, sono temi molto importanti e contorti che pur studiando bene il passato, ci si accorge che tutto ciò può essere arginato solo attraverso il buon senso, con coscienza, e trattati di pace.
Anziché alzare muri, chiudere le frontiere, apriamoci al prossimo, siamo più solidali con chi soffre, con chi scappa dalle guerre, con chi vive in miseria … Tendiamo la mano a chi sta affogando, come ci insegna la nostra eroina Irena Sendler.
Solo attraverso l’amore il mondo rinascerà.
(Per approfondimenti v. art. di Milena Santerini apparso su Repubblica il 3/1/24)
L’attore Roberto Giordano e il magistero di Irena Sendler
Cari amici, abbiamo voluto intervistare questa settimana un grande amico della comunità Polacca e della Polonia: Roberto Giordano.
Roberto come mai un attore di teatro, cinema e tv, nonché regista e appassionato della lingua napoletana scritta e orale ama come te, ama così tanto la Polonia?
“Non è semplice spiegarlo. A volte capita di non riuscire ad esprimere con le parole sentimenti così forti. Forse, qualcosa o qualcuno, ha voluto che fosse così… La Polonia ormai è parte di me. È nel mio cuore.”
Come nasce il libro “Irena Sendler. La terza madre del ghetto di Varsavia”?
“Il libro è nato grazie a un’idea della prof.ssa Suzana Glavaš, scrittrice e poetessa di origine croata, nonché figlia di sopravvissuta alla Shoah.
Nel 2015, dopo aver letto il mio testo drammaturgico, rimase fortemente colpita dal magistero di Irena Sendler, tanto da prodigarsi prontamente affinchè lo scritto, “documento inedito e importante”, fosse divulgato anche alla platea dei lettori. E grazie alla Casa Editrice La Mongolfiera, di Giovanni Spedicati, tutto ciò è avvenuto.
Il volume, Patrocinato tra l’altro da Amnesty International, dall’Ambasciata Polacca in Roma, dal Consolato Onorario della Repubblica di Polonia in Napoli, e dal Comune di Napoli, ha avuto una sua seconda edizione con la casa editrice Nuvole di Ardesia, di Vincenzo Ambrosanio.”
Il tuo libro “Irena Sendler. La terza madre del ghetto di Varsavia” è diventato un vero e proprio progetto teatrale che ti ha permesso di rappresentare questo spettacolo in numerose città italiane e polacche. Il tuo spettacolo è stato rappresentato anche a Varsavia, riscuotendo grande successo. Come spieghi tutto questo interesse?
“Per essere precisi c’è stato prima il debutto teatrale e poi la pubblicazione del libro. La prima rappresentazione è avvenuta a Napoli, nel gennaio 2016, presso il Succorpo dell’Annunziata, in occasione della Giornata della Memoria. Lo spettacolo fu Promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli, grazie alla volontà dell’allora Assessore Nino Daniele. È stato molto emozionante, la realizzazione di un sogno che ancora oggi continua… Tutt’ora ci sono persone che mi ringraziano per avergli fatto conoscere questa storia incredibile e ci sono studenti che mi contattano per avere consigli sulle loro tesine incentrate sull’eroina polacca…
È uno spettacolo che ho voluto fortemente! Ho rifiutato una scrittura importante e mi sono indebitato pur di portarla in sçena e regalarla al pubblico nostrano. E’ dal 12 maggio 2008 che Irena è parte di me. La sua scoperta è stato un dolce risveglio… Dopo la scomparsa di mia madre nel novembre 2012, non ero per niente messo bene. Il dolore della perdita di una persona cara, come ben sappiamo, segna tanto… Poi e’ successo l’impensabile… Qualcuno da lassù ha voluto così. Forse mia madre, forse Irena ha voluto prendermi per mano e accompagnarmi in questa magnifica avventura, che mi ha fatto crescere, mi ha fatto diventare una persona migliore, facendomi capire il mio senso della vita, la mia missione…
Spesso si tende a raccontare il male che è stato compiuto e non il bene che è stato fatto. La storia di Irena Sendler entra nel cuore dello spettatore appunto per questo. Abbiamo bisogno di ascoltare messaggi come il suo, di bontà, di altruismo. Abbiamo bisogna di ascoltare storie di solidarietà, di umanità, storie che ci raccontano di porgere la mano a chi è in difficoltà, chiunque esso sia, ebreo, sinti, rom, profugo, immigrato, diverso… E la storia di Irena Sendler racconta tutto ciò.”
Qualè il ricordo più bello che conservi, legato al progetto di “Irena Sendler”?
“Difficile sceglierne uno… il debutto, il libro, gli studenti, l’Ambasciata Polacca di Roma, i professori, le lacrime, i grazie, la Polonia, Varsavia, il Muro del Ghetto, i Giusti, Cracovia e… l’incontro con Elżbieta Ficowska (la bambina più piccola salvata da Irena Sendler), un’emozione indescrivibile! Un ricordo indelebile! Così come sono indelebili le rappresentazioni avvenute in Polonia nel giugno del 2018, in occasione del 10° anniversario dalla morte di Irena. Ricordo che a Varsavia, dopo il “chi è di scena”, abbiamo dovuto posticipare lo spettacolo di una decina di minuti per la commozione di due attrici, dovuta all’incontro con i sopravvissuti, un attimo prima di entrare in scena… Vi lascio immaginare quei momenti…
Inoltre, la presenza della giornalista Anna Mieszkowska (alla quale va tutta la mia gratitudine per aver pubblicato nel suo libro NOME IN CODICE JOLANTA, una lunga intervista ad Irena Sendler), mi ha reso tanto felice. Così come la presenza di Hanna Rechowicz (figlia di Jadwiga Piotrowska) e dell’adorabile Elżbieta, ha fatto sì che la serata fosse davvero speciale.
Allo stesso modo è stato emozionante la presentazione del libro (sempre a Varsavia) presso l’Istituto Italiano di Cultura, alla presenza del prof. Leszek Kazana (italianista), che ha voluto tradurre il mio libro in lingua polacca. Ricordo come se fosse ieri le sue parole:”Un italiano che scrive un testo drammaturgico su una nostra eroina, deve essere premiato. Posso avere l’onore di tradurre il tuo libro in lingua polacca?” Ancora oggi faccio fatica a credere che tutto ciò sia potuto accadere… Sono molto orgoglioso di essere diventato suo amico!”
Hai recentemente messo in scena la figura di Janusz Korczak con lo spettacolo “Janusz Korczak – L’ultima Strada per Treblinka”. Cosa ti ha spinto a scrivere, dirigere e rappresentare come attore questa opera teatrale?
“Janusz Korczak è un altro “eroe” polacco che abbiamo il dovere di ricordare. I suoi libri andrebbero letti da tutti gli educatori, tutti gli insegnanti, tutti i genitori!
Se desideriamo avere un mondo migliore, cominciamo a rispettare i bambini per quelli che sono!… Rispettiamo i loro errori, le loro debolezze, i loro pianti, i loro desideri, senza imporre loro, con la nostra forza, con la nostra arroganza, con il nostro potere, le nostre volontà.
Korczak, precursore della Carta Internazionale dell’Onu sui diritti del fanciullo, ci insegna che il bambino ha il diritto di sbagliare, senza essere giudicato, senza essere punito. Ci invita a chinarci alla loro altezza, ad ascoltarli, senza imbavagliarli, senza mettergli il guinzaglio. Ed io non potevo non raccontare una figura così tenera e umana. Non potevo non raccontare colui che prima di essere deportato con “i suoi ragazzi”, per essere gasato nel campo di sterminio di Treblinka, gli fu data la possibilità di salvarsi, ma rifiutò perché non volle lasciarli soli…”
Direi che non è per niente un periodo di riflessione per alcuni… Quando sento dire che siamo in “guerra”, rabbrividisco! E’ difficile accettare questo tipo di esternazione. Andiamolo a raccontare ai profughi siriani o a quelli afgani o ai somali, che siamo in guerra… Andiamolo a dire alle famiglie di coloro che sono morti in mare mentre noi ci “abbuffiamo” dinanzi a un pranzo luculliano, osservando queste tragedie stando seduti a tavola o stesi sul nostro bel divano… non facciamo alcun accostamento per favore!…
Roberto, anche se questo periodo legato all’emergenza sanitaria non aiuta sicuramente le compagnie teatrali nel mettere in scena le loro opere, conoscendoti starai sicuramente pensando e lavorando ad un nuovo progetto, puoi darcene una anticipazione?
Per quanto riguarda i nuovi progetti, ho da poco finito si scrivere un testo drammaturgico su Oskar Groening (Il Contabile di Auschwitz), ma sento di essere quasi pronto per scrivere il terzo, e forse ultimo, scritto sul Ghetto di Varsavia, con la speranza che ci possa essere in futuro la pubblicazione della raccolta di questi quattro testi. Poi con Federica Aiello (mia moglie!) continueremo a rappresentare i nostri spettacoli di tradizione: TOTO’ che padre! e L’ARTE DEL SORRISO La Macchietta. Infine spero quanto prima di ritornare in scena con TARTASSATI DALLE TASSE (di Eduardo Tartaglia) con Biagio Izzo, spettacolo che abbiamo dovuto interrompere a marzo, causa Covid…
E Dulcis in fundo, a fine gennaio , andrà in onda su Rai Uno la serie tv IL COMMISSARIO RICCIARDI (con Lino Guanciale), per la regia di A. D’Alatri, tratto dai romanzi di Maurizio De Giovanni. Io interpretero’ il ruolo del poliziotto Camarda.
Ora Voglio confidarvi due miei sogni. Il primo: ritornare in Polonia per replicare lo spettacolo e rivedere i miei cari amici! Il secondo: replicarlo anche in Israele!…
Prima di congedarci, vorrei chiederti di rivolgere un saluto all”Unione delle Associazioni e dei Polacchi di Puglia” e all’intera comunità polacca che ti segue sempre con affetto.
“Saluto con tanto affetto i miei amici dell’Unione delle Associazioni e dei Polacchi di Puglia sperando di vedervi quanto prima! Un abbraccio forte a tutti voi! Vi lascio con il messaggio della nostra cara:”Dobbiamo lottare per ciò che è buono. Il buono deve prevalere ed io ci credo. Finché vivrò, finché avrò forza, professero’ che la cosa più importante è la bontà.”
Ringraziamo l’amico ed attore Roberto Giordano, certi che saprà realizzare tutti i suoi sogni e che presto potremo riabbracciarlo e rivederlo sul palcoscenico. Ad maiora semper caro Roberto!
Con gioia e commozione comunichiamo che Elżbieta Ficowska, la bambina più piccola salvata da Irena Sendler e dai suoi collaboratori (sopravvissuta al Ghetto di Varsavia), testimonierà in Italia in occasione delle Celebrazioni per la Giornata della Memoria 2020!
Una gioia immensa! Un evento intenso ed emozionante per noi italiani!
Un ringraziamento sentito va alla Dirigente Prof.ssa Antonella Maucioni, all’organizzazione no profit Gariwo – Il Giardino dei Giusti di Milano, all’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e all’Assessorato alle Politiche Scolastiche del Comune di Fiumicino, che tanto si sono prodigati affinché tutto ciò accadesse.
Quando l’unione fa la forza!
…
A seguire tutti gli eventi:
21 gennaio – CICCIANO (Na): presentazione del libro (e incontro/dibattito) presso l’Istituto Scolastico G.Pascoli.
23 gennaio – CICCIANO (Na): doppio spettacolo IRENA SENDLER La Terza Madre del Ghetto di Varsavia, presso l’Istituto Scolastico G.Pascoli.
24 gennaio – NAPOLI: spettacolo IRENA SENDLER La Terza Madre del Ghetto di Varsavia, presso la SALA ANNALISA DURANTE.
A seguire testimonianza di ELZBIETA FICOWSKA.
27 gennaio – FIUMICINO: spettacolo IRENA SENDLER La Terza Madre del Ghetto di Varsavia, presso la TENSOSTRUTTURA.
A seguire testimonianza di ELZBIETA FICOWSKA.
27 gennaio – ROMA, ore 18: Testimonianza di Elzbieta Ficowska presso l’AMBASCIATA POLACCA.
28 gennaio – FIUMICINO: spettacolo IRENA SENDLER La Terza Madre del Ghetto di Varsavia, presso la TENSOSTRUTTURA.
A seguire testimonianza di ELZBIETA FICOWSKA.
29 gennaio – MILANO: testimonianza di ELZBIETA FICOWSKA presso GARIWO – IL GIARDINO DEI GIUSTI.
…
Un ulteriore e sentito ringraziamento a Malgosia Pisarkiewicz, all’Associazione Acaip (Somma Vesuviana) e alla Dirigente Mariarosaria Caiazzo.
Io c’ero, ho visto, sono tornata a casa e non riesco ancora ad acquietarmi…
Ottimo spettacolo, non fingono, sono lì nel ghetto e vivono ogni scena. Sta accadendo tutto veramente… Le lacrime degli attori a fine spettacolo sono reali.
Questi giovani italiani piangono, ora, dopo tanti anni, la tragedia della guerra, degli ebrei.
Lo ricordano al mondo, salvano il ricordo di quelli che nessuno ricorda spesso…
E’ una nuova generazione di Giusti tra le Nazioni. Salvando la loro memoria, mettono in guardia il mondo dall’indifferenza, ai danni dell’altro, del prossimo… diffondendo “il bene” di Irena Sendler.
Solo attraverso l’amore il mondo si salverà. Questo spettacolo ce lo ricorda.
Grazie ai miei amici italiani per l’emozione vissuta e per esistere. ❤❤❤❤❤❤
Ricordo che era il 28 luglio 2015, giorno del mio compleanno, quando decisi definitivamente di portare in scena l’immenso magistero di Irena Sendler.
Ricordo che nel 2016 l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli appoggio’ con entusiasmo il progetto, promuovendo lo spettacolo.
Ricordo l’emozione della prima, e il messaggio inviatomi da Elżbieta Ficowska e dalla figlia di Irena Sendler.
Ricordo la prof.ssa Suzana Glavas quando volle fortemente la pubblicazione del testo drammaturgico, che ha meritato poi, per interesse culturale, il Patrocinio di Amnesty International, del Comune di Napoli, dell’Ambasciata Polacca in Roma e del Consolato Onorario della Repubblica di Polonia in Napoli.
Ricordo tutte le presentazioni fatte, tutte le repliche rappresentate: dal Succorpo dell’Annunziata a Roma, dalla Biblioteca dell’Attore di Genova a Sorrento, da Bari ad Ancona, da Napoli alle Marche, e la Polonia…
Ieri, invece, sono stato a Campagna (SA) con la mia famiglia presso il Museo Palatucci, dove è stato piantato un albero in Memoria di Irena Sendler, in occasione della Giornata dei Giusti, e scoperto una targa per ricordarla.
Elzbieta Ficowska, questo è un altro incredibile giorno che ricorderò, e che resterà per sempre nel mio cuore.
“Auguro a tutti gli uomini del mondo, che sono cari al mio cuore, indipendentemente dalla razza, dalla religione e dalla provenienza, che in tutte le loro azioni si ricordino della dignità dell’altro, delle sue sofferenze e necessità, cercando sempre la via della comprensione reciproca e dell’accordo. Che il bene trionfi!” – Irena Sendler
Roberto Giordano
…
Un doveroso ringraziamento al caro Michele Aiello, a Marcello Naimoli, al Museo Palatucci, all’Amministrazione Comunale, al Sindaco Roberto Monaco, alla Dirigente Antonella Maucioni, alla Prof.ssa Titti Gibboni per l’organizzazione di questa magnifica mattinata.
Ho sognato di rappresentare un giorno uno spettacolo su Irena Sendler e i suoi collaboratori.
Ho sognato di girare l’Italia per diffondere il suo immenso operato e il suo messaggio di bontà.
Ho sognato di incontrare Elżbieta Ficowska, la bambina più piccola salvata da Irena Sendler, e poterla abbracciare forte e darle un bacio pieno d’amore.
Ho sognato di entrare in casa di Jadwiga Piotrowska (e Hanna Rechowicz), dove furono nascosti numerosi bambini ebrei, e vedere l’albero nel giardino in cui fu seppellito l’archivio con i nomi dei bambini salvati.
Ho sognato di camminare su quel suolo calpestato dai Giusti.
Ho sognato di rendere un mio piccolo omaggio a tutti quei bambini che non ce l’hanno fatta. A coloro che è stata tolta la vita in maniera incomprensibile e inconcepibile, solo perché ebrei, rom, sinti…
Ho sognato di rendere un mio piccolo omaggio ai bambini sopravvissuti alla Shoah, perché grazie alla loro testimonianza sono una persona migliore, più umana.
Ho sognato di rendere un mio piccolo omaggio alle staffette e a tutte quelle persone che hanno messo a rischio la propria vita e quella dei propri familiari, pur di salvarne una sola…
Ho sognato di ritornare in Polonia, per rappresentare lo spettacolo su Irena Sendler, con mia moglie Federica, mia figlia Greta, e la compagnia tutta, dinanzi a Bieta Ficowska, Hanna Rechowicz, Leszek Kazana, Anna Mieszowska, Renata Machulec e a tutti voi…
E ho sognato di sognare che i miei desideri si potessero realizzare.
Eccoci qua, che dire… sono profondamente onorato e sinceramente commosso per la seconda edizione del libro “IRENA SENDLER La Terza Madre del Ghetto di Varsavia” edito da Nuvole Di Ardesia.
Un lavoro svolto in modo accurato, minuzioso e professionale: sono proprio contento!
In poco più di un anno, sono andate esaurite quasi tutte le 500 copie della prima edizione con LA MONGOLFIERA EDITRICE (di Giovanni Spedicati) a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti.
Così come non posso non ringraziare la prof.ssa, nonchè scrittrice, Suzana Glavas! A lei va tutta la mia gratitudine, per aver voluto fortemente la pubblicazione dell’opera.
Un sentito grazie al caro Sergio Lambiase che mi ha onorato della sua prestigiosissima prefazione.
A breve cominceremo un nuovo cammino, che ha tra i suoi principali scopi quello di onorare Irena Sendler, i suoi collaboratori e quei non ebrei che rischiarono la loro vita e quella dei familiari per salvare degli ebrei.
Fiero, condivido la riflessione che mi è stata “donata” da Amnesty International sul lavoro da me svolto:
“Lo stigma su un gruppo di persone è un meccanismo che genera violenza, abusi e ingiustizia, e la storia dell’olocausto ne è una delle espressioni più spaventose.
Eppure, oggi, che senso ha ripercorrere ancora storie come quella di Irena Sendler? Ne ha. In parte, per ovvie ragioni: la memoria dell’orrore non dovrà mai essere cancellata. In parte, ci aiuta a riflettere sulle conseguenze della discriminazione: non ci importa se lo stigma sia verso l’ebreo, il musulmano, il rom, il migrante, il rifugiato, ci importa il fatto che è pericoloso, oltre che terribilmente ingiusto e raccontarlo è sempre necessario.
Ma c’è anche un altro motivo. La storia di una donna straordinaria come Irena può restituirci fiducia e speranza nell’umanità, e rappresentare un esempio: se uomini e donne hanno avuto un tale coraggio, in tempi così oscuri e brutali, dovremmo sentirci in dovere di raccogliere una parte delle loro eredità morale, e testimoniare anche noi la nostra indignazione, qui e ora. Purtroppo, non mancano occasioni per doverlo fare”.
Laura Petruccioli Ufficio del Portavoce Amnesty International – Sezione Italiana
Era il 12 maggio 2008 quando lessi della scomparsa di Irena Sendler. Incredulo di ciò che avevo letto, mi chiesi come mai una storia così importante non fosse stata ancora diffusa, come mai una storia così incredibile non si conoscesse in Italia: una di quelle storie che quando le ascolti ti riempiono il cuore di gioia, di amore, di ammirazione, di stupore. Annotai la notizia, rimase solo un pensiero…
Cinque anni dopo, nel gennaio del 2013, in occasione della Giornata della Memoria, sulla rete nazionale (precisamente nella trasmissione Voyager), fu mandata in onda un’intervista a Elżbieta Ficowska, la bambina più piccola salvata da Irena Sendler dal ghetto di Varsavia, che mi scosse letteralmente. La semplicità con cui “Bieta” raccontava dell’operato della Sendler, delle sue “staffette”, del suo salvataggio, mi travolse così impetuosamente da prendere la decisione di portare in scena la sua vita. Cominciai a mettere da parte notizie, annotare date, prendere appunti. Mi resi conto che in Italia la storia di Irena Sendler era sconosciuta, lei una donna invisibile: nessuna rappresentazione teatrale, un paio di convegni sporadici, un solo libro: introvabile!
Nell’estate del 2015 decisi di allestire lo spettacolo a qualsiasi prezzo, anche indebitandomi. Irena Sendler era troppo presente in me, era diventato un macigno, dovevo “liberarmi…”, sentivo che chiedeva giustizia affinchè la sua storia venisse diffusa e portata a conoscenza di tutti: è un nostro dovere tenere in vita la “memoria”, è un nostro dovere “ricordare” – mi dicevo.
Dopo aver rifiutato una scrittura importante presso un teatro prestigioso di Napoli, ho finalmente debuttato nel suggestivo sito del Succorpo dell’Annunziata, grazie anche all’Assessore alla Cultura di Napoli Nino Daniele e alla prof.ssa Suzana Glavaš, che ha voluto fortemente la pubblicazione del testo teatrale (peraltro patrocinato da Amnesty International, dall’Ambasciata Polacca in Roma, dal Consolato Onorario della Repubblica di Polonia in Napoli e dal Comune di Napoli).
Irena Sendler è stata un’infermiera e assistente sociale polacca, che durante la seconda guerra mondiale riuscì ad organizzare una rete di soccorso, portando in salvo più di 2500 bambini dal ghetto di Varsavia, destinati allo sterminio solo per essere nati ebrei.
Tante volte mi sono chiesto quale fosse la ragione da indurre una donna di soli 30 anni a compiere un’azione di tale entità… la risposta è semplice: il suo senso di rettitudine, di accoglienza e di umanità. In un’ epoca in cui siamo bombardati da notizie che fanno inorridire e hanno dell’inaccettabile, come le fughe dalla Siria, le traversate dei barconi per i mari o per il deserto, e via via ad attraversare terre e confini dei paesi un po’ o niente affatto accoglienti (di cui sentiamo giorno dopo giorno tra un piatto di pasta delizioso da gustare o tra le pubblicità improbabili e ambigue da sopportare) mi domando perché l’insegnamento dei nostri avi e dei nostri predecessori non è servito a nulla? Perché non ci facciamo carico tutti, nessuno escluso, del Principio Sommo: “Ama il Tuo Prossimo come Te Stesso?” Dovremmo tutti noi, credenti e non, partire da questo Comandamento per realizzare una civiltà migliore, più altruista e più civile, altrimenti in che mondo faremo crescere e vivere i nostri figli? Che mondo lasceremo ai nostri discendenti? Alla cacciata dall’Eden fu comandato all’uomo e alla donna: “Andate e prolificatevi!” non fu comandato: “Andate e uccidetevi!”
La storia di Irena Sendler è rimasta sepolta per 60 anni. Pur essendo stata partigiana, la Sendler non condivise mai la politica del Partito Comunista polacco. Nel 1965 venne riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei Giusti tra le Nazioni. Solo in quell’occasione il governo comunista le diede il permesso di uscire dal paese per ricevere il riconoscimento in Israele. Avvenne grazie alle ricerche degli studenti di una scuola superiore del Kansas nel 1999 che la storia della vita della Sendler fu riscoperta. Furono proprio loro a lanciare un progetto per fare conoscere la vita e l’operato di Irena Sendler a livello internazionale. Nel 2003 papa Giovanni Paolo II le inviò una lettera personale elogiandola per i suoi sforzi nella resistenza polacca. Il 10 ottobre 2003 le fu conferita la più altra decorazione civile della Polonia: l’Ordine dell’Aquila Bianca e il Premio Jan Karski “Per il Coraggio e il Cuore”. Fino all’ultimo suo respiro non ha fatto altro che ripetere: « Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria » ed anche: “Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai.”
La vita di Irena Sendler, insieme a quella dei suoi collaboratori (“…senza di loro, non avrei potuto fare nulla.”) è una grande testimonianza di coraggio, di amore e di rispetto per tutti, senza distinzioni di razza, religione e fede. Racconta infatti che per un bambino da salvare, occorreva la collaborazione di circa dieci persone, proprio così … dieci persone mettevano a rischio la propria vita, per salvare un bambino. Predicava, con parole semplici: “Dobbiamo lottare per ciò che è buono. Il buono deve prevalere, deve prevalere e io ci credo. Finchè vivrò, finchè avrò forza, professerò che la cosa più importante è la bontà”.
Facciamoci tutti carico di tale Insegnamento ed Esempio di Umanità, che più che nelle Preghiere, in lingue diverse o con diversi usi e costumi, sta nel linguaggio universale delle nostre Buone Azioni.